Salta al contenuto

Per gli acquisti online: spese di spedizione gratuite da 25€ - Per i soci Coop o con tessera fedeltà Librerie.coop gratuite a partire da 19€.

Strano interludio. Arti nell'Italia fascista - Librerie.coop

Strano interludio. Arti nell'Italia fascista

€ 29,00
Dettagli
FORMATO Brossura
EDITORE Minerva Edizioni (Bologna)
EAN 9788833247953
ANNO PUBBLICAZIONE 2025
CATEGORIA Arte
Attualità e politica
Storia
LINGUA ita

Descrizione

1922, a Firenze, Palazzo Pitti, s'inaugura la mostra Pittura italiana del Sei e del Settecento. 1942, Roma ospita l'Esposizione Universale. Terminus a quo e terminus ad quem all'interno dei quali si dispiega la controversa trama delle esposizioni che in Italia si sono organizzate in quello "strano interludio" - per utilizzate il titolo dell'opera teatrale di Eugene O'Neill - che attraversa le due guerre mondiali e si sovrappone con la vicenda storico-culturale del fascismo. Il volume investiga dunque le mostre del fascismo, le operazioni celebrative e propagandistiche che il regime promuove, ma anche la complessità e le ambivalenze delle operazioni culturali ed espositive che nel fascismo si manifestano. Dunque non solo le grandi manifestazioni per il "decennale della rivoluzione" nel 1932 e l'imponente - e per certi versi decisiva - mostra Augustea del 1937; non solo i contrapposti, agonistici premi Bergamo e Cremona; ma il variegato dispiegarsi di interessi che risultano emergere con forza grazie a personalità quali Margherita Sarfatti, Ardengo Soffici, Pietro Maria Bardi, F.T. Marinetti, Cipriano Efisio Oppo, Nino Barbantini, Mario Sironi, Antonio Maraini. Le mostre nello strano interludio risultano essere una sorta di cartina di tornasole capace di evidenziare non solo profonde differenze d'intenti e di "visione" sulle arti visive, sul loro statuto e sulla loro funzione, ma paiono gettare le basi sul ruolo che le mostre d'arte svolgono all'interno della programmazione culturale di una Nazione. Le arti nello strano interludio, "italiane perché fasciste", come si augurava Soffici, non sono "fasciste" perché resta irrisolto il problema del loro rapporto con gli strumenti che il regime mette in atto per irregimentarle. Nemmeno l'irrigidimento delle gerarchie espositive e l'inquadramento sindacale sono garanzia contro la possibilità che la realtà - politica e sociale - si infiltri attraverso maglie in apparenza impenetrabili. Scuola romana, astrattismo lombardo, "Corrente", sono casi emblematici.