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Descrizione
Per «II Costanza» di tal nome che fu sul trono di Palermo, cioè della Sicilia Citra, si intende quasi sempre lei, la figlia di Re Manfredi. Questo testo è preceduto da una premessa storica sulle imprese di Svevi e Catalani, ritornati a splendere per gli errori commessi da papi e Angioini. Ci sono Re Carlo che occupa l'Isola di Sicilia, papa Nicola III Orsini che lo frena e favorisce i nipoti e papa Martino IV contro la ribellione pro Catalani che liberano la Sicilia col sangue. Il tutto si svolge fra Vespro, Pisani, astrologo Bonatto e assedio di Napoli. C'è quindi il Martino che teme l'invasione catalana e spara scomuniche e l'Onorio IV che teme l'Imperatore e eleva i comuni toscani, allorquando gli eredi dei due avversi sovrani furono a contendersi Pisa e Genova. Dallo stop di questa guerra, e per via della successiva strategia dei rapimenti catalani a danno degli Angioini, abbiamo l'ascesa di Pietro II d'Aragona, e poi di Giacomo, il quale, liberato Carlo d'Angiò, ottiene finalmente dal pontefice l'investitura ufficiale del titolo materno di sovrano di Sicilia. Per Costanza, però, il sogno di principessa si era già avverato, fin da quando, piccola donna, sposò l'erede d'Aragona e Catalogna, avendo il padre Manfredi di Svevia fiutato l'affare, per via di un degno compromesso, fatto di troni e di titoli, che finì per convincere i Catalani. La parentesi dello scippo del Regno da parte di Carlo d'Angiò, nemico fatto prigioniero per tenere sotto ricatto il trono di Napoli, rallenta solo in parte il disegno di Manfredi prima, e della figlia poi, di intitolarsi Re di Palermo. Anzitutto Costanza fu Regina consorte d'Aragona sul trono spagnolo accanto a Pietro II, e poi entrambi, favoriti da due comandanti d'eccezione, come Ruggero Laùria e Corrado, che solcavano i mari come due saette, e da un longevo manovratore del calibro di Giovanni di Procida, ebbero anche l'Isola di Sicilia. La leggenda parla di una lunga rivolta voluta dal tradimento angioino di Don Giovanni, fatta di troppo sangue e di molti intrighi, che va sotto il nome di Vespro. Fatto è che Costanza si riprese il regno del padre, grazie al marito soprattutto, e che la politica colse al volo il grido all'indipendenza che veniva dall'Isola, sollevata con arte dalle sapienti mani dei ribelli di mestiere. Di certo Pietro fu acclamato Re, ma stavolta è lui il consorte della vera Regina rimasta a casa: Costanza di Svevia. Il nuovo sovrano venne riconosciuto più come liberatore dell'arroganza francese e perciò la corona sul suo capo, quella che era stata di Re Manfredi, fu il frutto di vero amore verso la Catalogna e verso la famiglia Sveva, che tanto aveva fatto per Palermo. Per questo la Regina, rimasta in Spagna, ricevé l'aiuto di Bisanzio, per quel riscatto finale con cui il Re affilò l'armata, sbarcò in Sicilia e gridò vendetta, riconquistando l'Isola costa costa. Fu così che tutte le guarnigioni francesi furono allontanate tanto da Palermo, quanto da Messina, grazie alla rivolta contro Carlo d'Angiò, sebbene questi si dicesse sempre pronto alla guerra, ma solo come reazione alla liberazione catalana. Con il ritorno della Casa Sveva sul trono siciliano, sebbene in condivisione con quella d'Aragona, Palermo giurò fedeltà per Costanza e lei fu pronta finalmente a sbarcare in una città che amava molto, alla stregua della sua Catania. La Regina venne a riprendersi il reame e il ritorno fu un trionfo. L'eco, giunta fino a Napoli, fu così forte da sollevare i baroni partenopei delusi, concentrati su Ischia, l'Isola dell'affranta Beatrice di Svevia, purtroppo zittiti dalla ritorsione angioina. Divenuta vedova, e vocata sempre più alla pace familiare, con il Papa e con i nemici, la Regina Costanza decise di ritirarsi e di affidare il trono a Federico III. La morte del Re l'aveva condotta a una lacerante vedovanza, per cui fu dura la decisione sui troni da spartirsi fra i due eredi.