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Descrizione
Sembrerebbe che gli Albanesi, stabilitisi da così lungo tempo dall'altra costa dell'Adriatico non abbiano dovuto conservare se non un vago ricordo delle gesta dell'eroe di Croia. Ma non è così, e i luoghi comuni sull'ingratitudine dei popoli non si saprebbero riferire ad essi. Se la dominazione straniera non consente di innalzare un monumento al grande Castriota nel suo paese natale, se la Pelusia [oggi Svetigrad in Macedonia], che gli Slavi hanno ben rinominata "fortezza santa" (svetigrad), non è che un rudere, il nome dell'eroe continuerà ad essere benedetto e la sua memoria esaltata fino a quando un cuore albanese batterà nelle due penisole sorelle. La vala, che in Italia è la sola danza delle donne albanesi, è anche accompagnata da canti che ricordano la memoria cara di Scanderbeg. I tre giorni di Pasqua sono particolarmente consacrati alle danze e ai canti nazionali. Sembra che per questi esuli il trionfo di Cristo sulla morte si sia identificato con il ricordo di qualche vittoria riportata da Scanderbeg sugli invasori il giorno di Pasqua. Gli Albanesi d'Italia meridionale, che hanno conservato così fedelmente e religiosamente il culto degli antenati e delle tradizioni nazionali, possono rendere notevoli servizi ai loro fratelli orientali. Se la civiltà, se le idee dell'Occidente ravviveranno un giorno le popolazioni albanesi rimaste sottomesse alla dominazione straniera, gli Albanesi esuli in Italia avranno contribuito efficacemente a questo risultato. Lo zelo con cui hanno conservato le tradizioni nazionali, la loro premura ad apprendere i progressi della scienza occidentale, il loro desiderio di richiamare sui loro fratelli orientali l'attenzione e l'interesse dei popoli civili avranno potentemente contribuito al risveglio della nazione.