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Descrizione
Per la prima volta viene tradotto in italiano il corso che Bergson tenne nel 1898 all'École Normale Supérieure su La destinazione dell'uomo di Fichte. Una lettura diversa di Fichte che serve a Bergson per delineare i principi della propria filosofia. Da un lato, la riscoperta dell'io fichtiano che «non è semplice forma, ma potenza di creare e di produrre». Dall'altro, il riconoscimento che la filosofia di Fichte non è una filosofia della coscienza soggettiva, ma piuttosto la proposta di un rapporto fra l'assoluto e la coscienza, fra l'atto puro impersonale e l'atto soggettivo. Ed è proprio tale rapporto che Bergson rifiuta puntualmente: l'intuizione bergsoniana, diversamente da quella fichtiana, è accesso alle profondità dell'Essere mediante una totale dissoluzione dell'intelligenza nell'oceano della vita. Per cogliere la destinazione dell'uomo, dunque, non c'è bisogno di «costruzione». È la natura stessa ad avervi provveduto con un criterio evidente: la gioia.