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Descrizione
È una soggettività tutta scritta, dentro e fuori, nell'interno ed esterno della mente-corpo, quella di Antonella Antonia Paolini in questo libro d'esordio in poesia. Un io che scrive, a volte lirico a volte narrante, e a mano a mano sempre più narrante, che si presenta a sé, e a noi, come fatto di lettere-formiche - così nel Prologo che apre la raccolta - e prima ancora di sillabe, che invadono l'animale umano, bambino poi adulto, fino a che questa originale invasione violenta, questa metamorfosi che tanto somiglia a una morte diventa vera appartenenza, terra unica in cui riconoscersi, sola origine. Prima di tutto, per Paolini, c'è la letteratura, che viene espressa fuori di sé, disannerandosi come scrive l'autrice, liberandosi infine sulla pagina dell'ombroso veleno, anzi farmaco, che è l'inchiostro di una scrittura ancora intimamente pensata come fisica, o tipografica, proprio perché risale alla più segreta, e proibita, disposizione dell'infanzia. Ed è solo così, risalendo all'invasione prima della lingua nel corpo, che il corpo stesso riesce a sopportare le ulteriori, metalliche, aspre prove a cui la vita lo sottopone. Perché a essere condotto al Macello moderno è il soggetto stesso, che pure ne esce vivo, ma mutato. In tutto questo, percepiamo affinità possibili con un primo Valerio Magrelli passato per lucida disperazione, o con una Elisa Biagini virata verso il body horror: ci conteniamo, siamo contenuti, ma anche abitati-attraversati da fantasmi. Presenti e dichiarati invece nella filigrana di questo libro, amorosi guardiani della bambina che scrive da sempre ora adulta, alcuni alti nomi della nostra letteratura: Leopardi, di cui Paolini è affermata studiosa, Ariosto ma anche Balestrini. Laura Pugno