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Carlo VIII e la campagna d'Italia
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Descrizione
Philippe de Commynes è stato il primo consigliere di Luigi XI per la gran parte del suo regno. Caduto in disgrazia alla sua morte, fu ripescato per la sua esperienza e i suoi contatti italiani quando Carlo VIII cominciò a pensare a un intervento militare in Italia. E cosí i due ultimi libri dei suoi famosi Mémoires sono dedicati proprio alla preparazione e alla conduzione della campagna d'Italia. Attraverso la penna di Commynes possiamo vedere tratteggiate le figure di Ludovico il Moro, di Piero de' Medici, di Savonarola e di tutti gli altri personaggi in gioco in quel momento cruciale della storia italiana. Con un punto di vista ben diverso da quelli, Guicciardini in primis, a cui siamo abituati. Acutezza dello sguardo, stile veloce e diretto, riflessioni politiche profonde (spesso erroneamente accostate a quelle di Machiavelli): sono le caratteristiche dei Mémoires che ne hanno fatto uno dei capolavori del genere autobiografico e un classico della storiografia apprezzato da Montaigne, Michelet e Sainte-Beuve. L'Einaudi li aveva pubblicati integralmente nel 1960, per l'intuizione di un grande storico come Federico Chabod. Ora ne riproponiamo i due libri dedicati all'Italia con la medesima traduzione di Maria Clotilde Daviso di Charvensod e con un ampio e aggiornato saggio di Gabriele Pedullà.
«Poi nacque gran discordia fra il signor Ludovico e il signor Roberto di San Severino; poiché, come sempre succede, due grandi non possono sopportarsi. Il campo rimase al signor Ludovico, e l'altro se ne andò al servizio dei Veneziani; ma due suoi figli, messer Galeazzo e il conte di Caiazzo, tornarono al servizio del detto signor Ludovico e dello stato di Milano, alcuni dicono con il consenso del padre e altri no. Comunque sia, il signor Ludovico li prese in grande predilezione e se ne serví, e se ne serve ancora adesso. Bisogna anche dire che il padre loro, il signor Roberto, era degli Sforza, nato da una figlia bastarda; ma in Italia non si fa grande differenza fra un figlio bastardo e uno legittimo. Dico questo perché essi aiutarono assai a condurre la nostra impresa d'Italia».
«A Venezia ricevettero Piero de' Medici con gran timore, tanto temevano di scontentare il re; intanto stette due giorni fuori della città. Io avrei voluto venirgli in aiuto tanto piú che non avevo avuto nessuna istruzione dal re contro di lui; dissi quindi che credevo che fosse fuggito da Firenze per paura del popolo, e non per volere del re. Cosí entrò a Venezia, e, dopo che ebbe parlato con la Signoria, andai a visitarlo. Quando lo vidi mi parve che non fosse uomo da tornare a galla. Mi raccontò a lungo i casi suoi e gli feci animo quanto potei».
«Poi nacque gran discordia fra il signor Ludovico e il signor Roberto di San Severino; poiché, come sempre succede, due grandi non possono sopportarsi. Il campo rimase al signor Ludovico, e l'altro se ne andò al servizio dei Veneziani; ma due suoi figli, messer Galeazzo e il conte di Caiazzo, tornarono al servizio del detto signor Ludovico e dello stato di Milano, alcuni dicono con il consenso del padre e altri no. Comunque sia, il signor Ludovico li prese in grande predilezione e se ne serví, e se ne serve ancora adesso. Bisogna anche dire che il padre loro, il signor Roberto, era degli Sforza, nato da una figlia bastarda; ma in Italia non si fa grande differenza fra un figlio bastardo e uno legittimo. Dico questo perché essi aiutarono assai a condurre la nostra impresa d'Italia».
«A Venezia ricevettero Piero de' Medici con gran timore, tanto temevano di scontentare il re; intanto stette due giorni fuori della città. Io avrei voluto venirgli in aiuto tanto piú che non avevo avuto nessuna istruzione dal re contro di lui; dissi quindi che credevo che fosse fuggito da Firenze per paura del popolo, e non per volere del re. Cosí entrò a Venezia, e, dopo che ebbe parlato con la Signoria, andai a visitarlo. Quando lo vidi mi parve che non fosse uomo da tornare a galla. Mi raccontò a lungo i casi suoi e gli feci animo quanto potei».